LO STILE INTER EDITORIALE | oggi - ore 11:22   CARMINE FOTIA  Ieri questo giornale ha festeggiato insieme ai tifosi lo straordinario campionato della Roma, senza indulgere in polemiche che avrebbero potuto apparire come la famosa invettiva del defunto presidente Saragat contro "il destino cinico e baro". E oggi avrei volentieri evitato una nuova polemica, soprattutto nel giorno in cui piangiamo due ragazzi in divisa uccisi in Afghanistan, di cui parla in questa stessa pagina Stefano Romita, tanto più se ad essere chiamato in causa è anche il ministro della difesa. Tuttavia, dal momento che tutti parlano - con la consueta ipocrisia dei soloni incipriatidella fine del campionato e dello scudetto dell’Inter, tacere trasformerebbe un gesto di pudicizia in un silenzio omertoso. E allora diciamo le cose come stanno e come tutti sanno. Il mazzo di carte con cui si è giocato questo campionato - ancora una volta - era truccato. Prima però di ricordare alcuni passaggi chiave, converrà soffermarsi sulla lezione di stile dei vincitori. Mentre il popolo giallorosso, pur con il cuore gonfio di amarezza, si stringeva giustamente attorno ai protagonisti di una stagione straordinaria, senza un insulto, un’invettiva, una sola parola fuori posto, abbiamo assistito a uno spettacolo indegno di cui si sono resi protagonisti dirigenti,
calciatori e politici ultra’ della sponda nerazzurra. Una festa è stata trasformata nella saga dell’arroganza, dell’insolenza e della volgarità, suscitando le ire bipartizan del mondo politico romano. Ha cominciato ’Gnazio La Russa, per il quale evidentemente l’etica sportiva dev’essere un companatico. In sostanza ha accusato il Siena di aver giocato. Evidentemente, come gli ha ricordato mastro Claudio, il modello di partita che a lui piace è Lazio-Inter (su cui tra poco tornerò). Eccitati da un simile esempio i calciatori dell’Inter non sono stati da meno: in campo la maglietta cialtrona di un ex-giocatore di cui non ricordo neppure il nome e i cui tacchetti sono stampati sulle caviglie dei veri giocatori che hanno avuto la disgrazia di incontralo; sul pullman un elegantissimo striscione che invitava il nostro capitano a ficcarsi il dito medio nel culo. Chi aveva usato parole pesanti come pietre per lapidare il gesto innocente e ironico di Francesco rivolto alla sua curva, persino l'inquilino del Colle più alto - che nonostante ciò continuo a rispettare eastimare- oggi trova tutto ciò assolutamente normale e non ha nulla da eccepire. Indubbiamente si tratta di tre chiarissimi casi da additare ai giovani quale luminoso esempio di fair play: lo stile Inter, appunto. Quello era un gesto "inconsulto", questi invece, sono comportamenti ineccepibili. Valgono come una sentenza le parole di Daniele De Rossi che li ha definiti "specchio" di un calcio e di una politica che non ci piacciono. E’ stato dunque il degno epilogo di un campionato la cui fine era già scritta. Cari fratelli giallorossi siete, siamo, dei poveri illusi! Credevate, credevamo, che bastasse vincere sul campo, costruendo giorno dopo giorno un’epica rimonta. Questo dicono le lacrime vere, lacrime di rabbia, di Francesco e Daniele. Cito solo tre episodi, secondo me i più clamorosi. Roma-Sampdoria, partita rubata grazie a due rigori nettissimi negati alla Roma da un arbitro di cui è stata documentata (e mai smentita) la fede nerazzurra e l’amore per Cassano. Arbitro verso cui non è stato preso alcun provvedimento. Lazio-Inter, la partita più ridicola del secolo, con il pubblico laziale che tifava contro i propri colori e i giocatori che si sono servilmente inchinati all’Inter, regalandole un match che forse avrebbe vinto lo stesso, ma non lo sapremo mai. Lo spettacolo indecoroso ha fatto il giro del mondo, gettando disonore sul calcio italiano. Farsa che autorizzerebbe essa sola a parlare di un campionato falsato. Infine, il nettissimo rigore negato ieri al Siena quando il punteggio era ancora sullo zero a zero. Lo stesso rigore, identico, preciso, uguale, che fu invece fischiato contro la Roma a Livorno. E mi fermo qui. Questo è il calcio italiano che non ci piace, signor Mou: a noi non piace sguazzare nel fango (basta leggere le cronache del processo su Calciopoli in corso a Napoli per capire chi invece nel fango ci si trova a suo agio ). Lei, signor Mou, non ha nulla da insegnarci, perché il calcio pulito, il calcio vero siamo noi. Il suo presidente, dopo aver raccontato di un’Inter sola contro tutto e tutti (basta un rapida rassegna stampa per capire che si tratta di una barzelletta) ieri ci però dato l’unica vera buona notizia della giornata confermando che Lei se ne andrà, come anticipato da questo giornale qualche giorno fa. Se ne vada, a Madrid o dove diavolo vuole. Lo Champagne è già in frigo. Diranno che sono fazioso e di parte, lo so. E’ il prezzo che deve pagare chi ama dire qualche verità scomoda, come ha fatto ieri Maria Sensi, denunciandola mancata difesa della Roma da parte dei media romani. Stare fuori dal coro è per noi un dovere. Lo dobbiamo ai nostri lettori, ai tifosi, alla Roma.

LO STILE INTER


CARMINE FOTIA 
Ieri questo giornale ha festeggiato insieme ai tifosi lo straordinario campionato della Roma, senza indulgere in polemiche che avrebbero potuto apparire come la famosa invettiva del defunto presidente Saragat contro "il destino cinico e baro". E oggi avrei volentieri evitato una nuova polemica, soprattutto nel giorno in cui piangiamo due ragazzi in divisa uccisi in Afghanistan, di cui parla in questa stessa pagina Stefano Romita, tanto più se ad essere chiamato in causa è anche il ministro della difesa. Tuttavia, dal momento che tutti parlano - con la consueta ipocrisia dei soloni incipriatidella fine del campionato e dello scudetto dell’Inter, tacere trasformerebbe un gesto di pudicizia in un silenzio omertoso. E allora diciamo le cose come stanno e come tutti sanno. Il mazzo di carte con cui si è giocato questo campionato - ancora una volta - era truccato. Prima però di ricordare alcuni passaggi chiave, converrà soffermarsi sulla lezione di stile dei vincitori. Mentre il popolo giallorosso, pur con il cuore gonfio di amarezza, si stringeva giustamente attorno ai protagonisti di una stagione straordinaria, senza un insulto, un’invettiva, una sola parola fuori posto, abbiamo assistito a uno spettacolo indegno di cui si sono resi protagonisti dirigenti, calciatori e politici ultra’ della sponda nerazzurra. Una festa è stata trasformata nella saga dell’arroganza, dell’insolenza e della volgarità, suscitando le ire bipartizan del mondo politico romano. Ha cominciato ’Gnazio La Russa, per il quale evidentemente l’etica sportiva dev’essere un companatico. In sostanza ha accusato il Siena di aver giocato. Evidentemente, come gli ha ricordato mastro Claudio, il modello di partita che a lui piace è Lazio-Inter (su cui tra poco tornerò). Eccitati da un simile esempio i calciatori dell’Inter non sono stati da meno: in campo la maglietta cialtrona di un ex-giocatore di cui non ricordo neppure il nome e i cui tacchetti sono stampati sulle caviglie dei veri giocatori che hanno avuto la disgrazia di incontralo; sul pullman un elegantissimo striscione che invitava il nostro capitano a ficcarsi il dito medio nel culo. Chi aveva usato parole pesanti come pietre per lapidare il gesto innocente e ironico di Francesco rivolto alla sua curva, persino l'inquilino del Colle più alto - che nonostante ciò continuo a rispettare eastimare- oggi trova tutto ciò assolutamente normale e non ha nulla da eccepire. Indubbiamente si tratta di tre chiarissimi casi da additare ai giovani quale luminoso esempio di fair play: lo stile Inter, appunto. Quello era un gesto "inconsulto", questi invece, sono comportamenti ineccepibili. Valgono come una sentenza le parole di Daniele De Rossi che li ha definiti "specchio" di un calcio e di una politica che non ci piacciono. E’ stato dunque il degno epilogo di un campionato la cui fine era già scritta. Cari fratelli giallorossi siete, siamo, dei poveri illusi! Credevate, credevamo, che bastasse vincere sul campo, costruendo giorno dopo giorno un’epica rimonta. Questo dicono le lacrime vere, lacrime di rabbia, di Francesco e Daniele. Cito solo tre episodi, secondo me i più clamorosi. Roma-Sampdoria, partita rubata grazie a due rigori nettissimi negati alla Roma da un arbitro di cui è stata documentata (e mai smentita) la fede nerazzurra e l’amore per Cassano. Arbitro verso cui non è stato preso alcun provvedimento. Lazio-Inter, la partita più ridicola del secolo, con il pubblico laziale che tifava contro i propri colori e i giocatori che si sono servilmente inchinati all’Inter, regalandole un match che forse avrebbe vinto lo stesso, ma non lo sapremo mai. Lo spettacolo indecoroso ha fatto il giro del mondo, gettando disonore sul calcio italiano. Farsa che autorizzerebbe essa sola a parlare di un campionato falsato. Infine, il nettissimo rigore negato ieri al Siena quando il punteggio era ancora sullo zero a zero. Lo stesso rigore, identico, preciso, uguale, che fu invece fischiato contro la Roma a Livorno. E mi fermo qui. Questo è il calcio italiano che non ci piace, signor Mou: a noi non piace sguazzare nel fango (basta leggere le cronache del processo su Calciopoli in corso a Napoli per capire chi invece nel fango ci si trova a suo agio ). Lei, signor Mou, non ha nulla da insegnarci, perché il calcio pulito, il calcio vero siamo noi. Il suo presidente, dopo aver raccontato di un’Inter sola contro tutto e tutti (basta un rapida rassegna stampa per capire che si tratta di una barzelletta) ieri ci però dato l’unica vera buona notizia della giornata confermando che Lei se ne andrà, come anticipato da questo giornale qualche giorno fa. Se ne vada, a Madrid o dove diavolo vuole. Lo Champagne è già in frigo. Diranno che sono fazioso e di parte, lo so. E’ il prezzo che deve pagare chi ama dire qualche verità scomoda, come ha fatto ieri Maria Sensi, denunciandola mancata difesa della Roma da parte dei media romani. Stare fuori dal coro è per noi un dovere. Lo dobbiamo ai nostri lettori, ai tifosi, alla Roma. Read More...
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