LADRI 2

«mi hanno rubato due scudetti? » Siccome la memoria va sempre rinfrescata, ci sono una serie di episodi che è meglio non dimenticare. A partire dalla stagione 2007-2008, chiusa dalla Roma con tre punti di ritardo dall’Inter (ma praticamente uno, visto che il pareggio del Catania all’ultima giornata arrivò quando ormai i nerazzurri avevano vinto a Parma). Totti all’epoca fu deferito per aver parlato di «aiutini», che poi erano soprattutto "aiutoni". I più eclatanti? Inter-Atalanta 2-1, il gol del 2-0 è irregolare: Cruz segna, ma prima spinge Carrozzieri. Negato, poi, un rigore netto all’Atalanta, per fallo di Maxwell su Ferreira Pinto. Nel finale, viene espulso Simone Inzaghi, ma il rosso è il frutto di una simulazione del portiere interista Julio Cesar, che finge di aver preso un colpo dall’attaccante avversario. Siena-Inter 2-3, sullo 0-0 viene concesso un rigore ai nerazzurri per un fallo inesistente su Cruz. Anzi, è l’argentino a commettere un’irregolarità nei confronti di Codrea. Non concesso, invece, un penalty al Siena per un fallo su Locatelli. Inter-Parma 3-2, Gervasoni non concede un rigore al Parma per un fallo di Cordoba su Corradi. Poi, sul 2-1 per i gialloblù, dà un penalty inesistente all’Inter: Couto, nel tentativo di deviare un tiro di Ibrahimovic, tocca il pallone con la testa e forse lo sfiora con la mano, peraltro involontariamente. Il difensore viene anche espulso. Inter-Empoli 1-0, l’arbitro Tagliavento concede un rigore ai nerazzurri per un inesistente fallo di mano di Vannucchi. Inter-Roma 1-1 invece è ancora ben viva nella memoria, con la mancata espulsione dell’allora interista Burdisso e l’assurda espulsione di Mexes sull’1-0 per la Roma. Il conto è facile: l’Inter ha avuto 9 punti in più rispetto a quanti se ne era meritati sul campo, che fanno 11 se contiamo anche lo scontro diretto (Zanetti pareggiò al 90’). E quest’anno? Non è stato tanto diverso. Cominciamo dalla fine: Siena-Inter, arbitro Morganti. Sullo 0-0 Rosi crossa dal fondo, Thiago Motta cadendo muove il braccio e tocca il pallone con lo stesso. Per lo stesso identico fallo, la Roma si è vista assegnare un rigore contro - decisivo - a Livorno dall’arbitro Gervasoni, sì, quello di Inter-Parma di due anni prima. Tralasciando altri torti subiti dalla Roma, ci sono poi altri «aiutini» all’Inter. In Inter- Roma (1-1), ad esempio, Vieira spacca lo zigomo a De Rossi, Muntari sgambetta Menez a palla lontana pur essendo già ammonito. Risultato? Neanche un cartellino per Vieira, ammonito Menez per proteste. Serve altro? Certo che serve: Cagliari-Inter 1-2, Maicon spinge Matri solo davanti a Julio Cesar. Orsato lo ammonisce. Forse non era chiara occasione da gol? Inter-Napoli 3-1, l gol del 2-0 di Milito è in fuorigioco, Trefoloni lo concede. Inter-Fiorentina 1-0, ma sullo 0-0 l’arbitro Damato, tifoso dell’Inter (non lo ha mai smentito), non concede un rigore per fallo di Samuel in area su Gilardino. Un minuto più tardi Comotto compie lo stesso fallo su Milito, ma in quel caso è rigore. Damato è anche il protagonista della frettolosa espulsione di Sissoko in Inter- Juventus. Chievo-Inter 0-1, rigore non concesso al Chievo per fallo di Cordoba su Pellissier, al 96’ Pierpaoli non vede nemmeno un netto fallo di mano di Quaresma, che toglie la palla dalla testa di Yepes in area. Inter-Siena 3-2, la punizione di Sneijder che dà il pareggio all’Inter è originata da un non-fallo di Brandao, che salta insieme a Samuel. Udinese-Inter 2- 3, negato un rigore ai friulani per fallo di Sneijder su Cuadrado. Altri conti? Sono almeno 8 punti in più (e ci sono altri episodi). E il tifoso interista Damato (non lo ha mai smentito) è stato mandato ad arbitrare Roma-Sampdoria.
Ma poi cosa c’è di male nel dire, anche da frate, che
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IL ROMANISTAI (D. GALLI) - IN EUROPA sono molti più seri. Dalla stagione 2014/15, chi non chiuderà i bilanci in pareggio, chi è indebitato con altri club, con i dipendenti o con il fisco, non potrà iscriversi alle competizioni europee. Potrai vincere tutti gli scudetti del mondo, ma se non avrai i conti a posto tanti saluti alla Champions. Si chiamafair play finanziario. Non è teoria. E’ legge e pure logica. «La filosofia consiste nel non spendere più di quanto si guadagni», spiegava il presidente della Uefa, monsieur Platini. Le norme sono state approvate dal comitato esecutivo a Nyon lo scorso 27 maggio. Nel triennio 2012/2015, le perdite non potranno superare i 45 milioni. Se però quei 45 milioni di buco li registri già il primo anno, non potrai andare più in rosso nei successivi due. Attenzione: quei 45 milioni andranno comunque ripianati. La Uefa ammette iniezioni di capitale (ahinoi), ma non prestiti. In assenza di un Paperon de’ Paperoni di turno, di uno pronto a mettere mano al portafogli (vedi Moratti), il deficit massimo nel triennio potrà essere solo di 5 milioni. Chi da anni come la Roma gioca pulito e ha i conti ok, non corre rischi. Chi invece gioca sporco e poi magari ci fa pure la morale sugli sprechi di «Roma ladrona», dovrà stare con gli occhi aperti. Il nodo è tutto qui. In Italia non si lotta ad armi pari. Dalla stagione 2003/04 a oggi, la Roma ha centrato cinque secondi posti. Dal 2003/04 a oggi, gli scudetti sono andati una volta al Milan (03/04) e ben cinque all’Inter (il titolo 2004/05 è stato revocato alla Juve e mai assegnato). Totti sostiene che un paio di tricolori ci siano stati rubati. Ha ragione? Vediamo. A giugno di due anni fa, Inter e Milan - ricordiamolo: campione d’Italia 03/04 - sono state condannate dalla giustizia sportiva per le plusvalenze fittizie realizzate tra il 2003 e il 2005. In sostanza, si scambiavano giocatori attribuendo loro valutazioni esagerate di mercato al fine di tamponare i buchi di bilancio e iscriversi, così, al campionato. Doping amministrativo. Le due società se la sono cavata con novantamila euro di multa. Patteggiando, però. Ovvero, riconoscendo le proprie colpe. Hanno ammesso di avere barato sui bilanci, evitando guai peggiori.Cinque scudetti cinque. Totti ha (di nuovo) ragione quando dice che l’Inter è sempre davanti. Per forza. Da noi non esiste la legge sul fair play finanziario, ma quella del più prepotente. Per iscriverti al campionato, l’importante è che tu sia in regola con i contributi dei dipendenti e abbia pagato le tasse. Lodevole, per carità. Ma insufficiente a evitare che la Serie A si corra a due velocità. Da una parte ci sono quelli che spendono quello che possiedono in cassa, e tra costoro adesso c’è pure il Milan. Dall’altra c’è l’Inter. La Serie A ha chiuso l’esercizio 2009 con debiti per quasi 1.882 milioni. Di questi, 431,55 erano dell’Inter. Il 22,9% del totale. Una cifra mostruosa e addirittura peggiore a quella fatta registrare l’anno precedente, quando a via Durini si erano indebitati per 395 milioni. Lo squilibrio è reso evidente dall’ammontare dei crediti: appena 66,34 milioni. La barzelletta è che l’Inter è andata in giro a raccontare che non è vero che hanno debiti con le banche. «Chi sarebbe così fesso da prendere squadre così indebitate come l’Inter? Bisogna introdurre regole per cui non si potrà più spendere più di quanto si incassa. Con le nuove regole proteggeremo il business di Abramovich (Chelsea, ndr), Massimo Moratti e Glazer (Manchester United, ndr). Sono sicuro che vogliono vendere, ma chi comprerebbe club con tanti debiti? Chi sarebbe così stupido?», disse Platini a novembre di un anno fa. Niente da fare, l’ad nerazzurro Ernesto Paolillo considerò il ragionamento del presidente Uefa lesa maestà e gli rispose: «E’ stata un’affermazione a sproposito alla quale abbiamo immediatamente risposto. L’Inter non è indebitata con le banche». Falso. Stando sempre al bilancio 2009, l’indebitamento dichiarato verso enti creditizi è stato di 48,3 milioni. In più si sono impegnati il marchio. Il 100% della controllata Inter Brand Srl, la società titolare dei diritti di sfruttamento sul brand (il logo e dintorni) nerazzurro, è stato dato in pegno - valore: 40 milioni - a Banca Antonveneta. Ma perché? Per garantire un finanziamento da 120 milioni. Che l’Inter aveva ottenuto il 9 giugno 2006, indovinate un po’ da chi? Esatto: da Banca Antonveneta. E meno male che non erano indebitati con le banche... In compenso, i 14 membri del Cda nerazzurro si trattano bene. I loro compensi ammontano a 800 mila euro. Affari loro, comunque. Torniamo a quelli che sono anche un po’ nostri. Lo scorso ottobre, l’assemblea dei soci ha approvato un bilancio chiuso con una perdita netta di 154,4 milioni. La peggiore di tutta la Serie A, ma non la peggiore nella storia dell’Inter. Il record fu toccato nel 2007, con un rosso di 206,8 milioni. L’assemblea ha ripianato il buco, e non poteva fare altrimenti, disponendo un aumento di capitale di 70 milioni. In pratica l’azionista di riferimento, cioè Moratti, ha versato soldi suoi. Il patron se lo può permettere. Con la redistribuzione degli utili 2008 della Saras, la raffineria di famiglia, ha incassato dividendi per quasi 100 milioni. In 14 anni di gestione del club, dunque tra il 1995 e il 2009, sono state generate perdite per 1,15 miliardi. Alla metà, circa 730 milioni, ha provveduto Moratti. Lecito, per carità. Ma dove sta l’equilibrio finanziario? Si può parlare di fair play quando c’è una società che, a fronte di disavanzi del genere, se ne frega e spende sempre di più per stipendi e salari? Nel 2008, la Milano nerazzurra pagava 175,6 milioni ai suoi dipendenti. Un anno dopo si era passati a 199,9 milioni. Già che c’erano, potevano fare cifra tonda.
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